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      La gogna durava dalle dieci alle undici della mattina, e in quest'ora suonava la vecchia campana squarciata della torre, che col suo tristo suono fesso e lugubre, metteva il malumore addosso. Stava a fargli la guardia un birro dentro una specie di ringhiera o cancello di legno, che racchiudeva lo spazio destinato alla gogna.
      Quando alla pena della galera si aggiungeva anche la bollatura, questa veniva fatta dal boia sulla spalla sinistra del delinquente con un bollo a fuoco, scaldato in una specie di saldatoio come quello dei trombai. Il popolo mormorava quando si faceva questa obbrobriosa operazione; ma correva sempre a vederla. Uno fra quelli che per la sua condizione commosse più degli altri, ricevendo pubblicamente quel marchio d'onta perpetua, fu un sottoprefetto di provincia, il quale, essendosi intenerito alle lacrime e alla disperazione di una povera madre, le liberò furtivamente il figliuolo dalla leva militare. Per questo fatto egli venne condannato a cinque anni di galera e ad esser bollato.
      La triste campana del Bargello suonava tutte le sere dalle dieci e mezzo alle undici, per avvisare i cittadini più tardivi, che era l'ora d'andare a letto. E quando si sentiva quella campana, molti si affrettavano a tornarsene a casa per evitare anche l'incomoda luce della lanterna dei birri e la loro buona sera non meno incomoda e sgradita, perché c'era il caso che in una serata di nervi, qualche fior di galantuomo fosse preso per una persona sospetta, e portato a passar la notte in carbonaia.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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