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      Alle ventitré precise, al suono di una campanella, tutti dicevano il Credo; e alle ventiquattro facevano silenzio: quindi girando il prato dicevano il Rosario e dopo tornavano a Firenze con lo stesso ordine e con lo stesso chiacchierìo di quand'eran partiti.
      Una delle particolarità più note del popolo fiorentino è stata sempre quella di canzonare i tipi più buffi, di metter loro dei soprannomi tremendi, e di far loro la caricatura perfino in gesso dai lucchesi, che si vendeva liberamente per le strade e che poi si vedeva sui cassettoni di quasi tutte le case di quel tempo.
      Nel 1834 fra i più perseguitati era un tale, detto Zuccherino, che vendeva i biscottini e che aveva per male quando lo toccavano.... sotto le reni! E i ragazzi che lo sapevano, messi su al solito dai grandi, bastava che lo vedessero perché gli corressero dietro in punta di piedi e lo prendessero per.... la parte di cui era tanto geloso. Le furie di Zuccherino erano terribili: bestemmiava, trattava male quei monelli, le loro mamme, i babbi e quasi anche i pigionali.
      Un'altra vittima di quelle birbe era un venditore di chicche, che quando passava tutti gli dicevano: - O becco! - poiché con questo bel nome soltanto era ormai conosciuto. Ma costui pareva anzi che se ne tenesse, perché il giovedì santo non lavorava ed andava invece in giubba con la moglie - dalla quale pur troppo gli proveniva il titolo poco nobiliare - tutta in ghingheri e con lo scialle di ternò a visitar le chiese. A costui è fama che dicessero:


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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