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      Poco prima del segnale della scappata, una cosa di malaugurio, tristissima, che faceva subentrare la mestizia alla bramosia del divertimento, era quella dei cataletti della Misericordia che andavano alla Porta alla Croce alla ripresa: dove altri barbereschi, forse più in pericolo di quelli della scappata, aspettavano i cavalli per fermarli.
      Appena si erano mossi i barberi per andare alla Porta al Prato, dieci dragoni in fila per tutta la larghezza di Borgo la Croce, sgombravano di trotto la strada per evitare disgrazie.
      La gente allora si rimpiattava negli usci spaventata, ma riusciva fuori appena passati i dragoni; i quali, arrivati che erano da Sant'Ambrogio ne mandavano due indietro di galoppo, a far largo di nuovo.
      Appena giungeva la Corte al cosiddetto Terrazzino, presso la Porticciuola del Prato, ricevuta da tutte le cariche e dal Corpo diplomatico, invitato alla festa, il Maggiordomo dava al Granduca la nota dei barberi che prendevan parte al palio.
      Il palco dei giudici del Comune era difaccia, per giudicare se le mosse eran buone, poiché spesso bisognava rifarsi due o tre volte per i litigi che accadevano tra i barbereschi, i quali si accusavano a vicenda di aver lasciato scappare prima il proprio cavallo.
      Il momento solenne era al primo squillo di tromba. Il popolo era in preda ad un'ansia e ad una trepidazione evidentissima. Si aspettava il terzo squillo trattenendo perfino il respiro. Finalmente, all'ultimo suono di tromba, i barbereschi buttavan giù in un attimo le perette al proprio barbero, si dava lo scatto al canapo, e i cavalli fuggivano come il vento.


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Firenze vecchia.
Storia cronaca anedottica costumi (1799-1859)
di Giuseppe Conti
Bemporad Firenze
1899 pagine 714

   





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