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      E la marmaglia pullula e brulica in ogni grande città, eppure gli onesti cittadini non la curano, perchè non la vedono quasi mai, e appena ne ricordano talvolta con disprezzo il nome. Di giorno essa appare di rado; sfogna per lo più di notte, appare quando per insoliti avvenimenti, il principio d'autorità viene fortemente scosso da una delle classi superiori della popolazione, che insofferente dal giogo che porta, levasi contro la classe avversaria, ne calpesta le istituzioni e ne crea di nuove, se la fortuna le dà il trionfo nella terribile lotta.
      La marmaglia vive alla luce del sole, quanto dura cotesta lotta e talvolta vi prende parte, sempre però a favore della classe oppressa o ribelle.
      Ma in tutte le città d'Italia e specialmente in Milano, quando la lotta s'impegnò tra cittadini e stranieri, è dovere il dirlo, la marmaglia si fece massacrare a nome del principio nazionale, ch'essa non poteva comprendere e dal trionfo del quale non poteva sperare alcun vantaggio. Perocchè la smania di far bottino non era ragion sufficiente per ispronare i plebei a esporre la vita loro a gravissimo pericolo; tanto più che a cagion d'esempio, nella Rivoluzione del 1848, mentre più ferveva la lotta, non si ebbero a lamentare ruberie e la plebe fece meravigliare le classi più elevate colla sua severità verso chi aveva formato disegno di violare il diritto di proprietà.
      Forse la feccia era sostenuta in quegli istanti supremi da un desiderio vago e indistinto di un migliore avvenire, o forse pensava che dalla redenzione nazionale potesse derivare la redenzione individuale, e che rompendola colle vecchie tradizioni ancor essa potesse mettersi per una via conducente a non deplorevole meta.


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Milano in ombra.
Abissi plebei
di Lodovico Corio
Civelli Milano
1885 pagine 124

   





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