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      Questi ottimi operai, per una tendenza che li distingue da tutti gli altri lavoratori, non mirano che al risparmio essi coi loro locatori trattano in modo d'ottenere per sei franchi al mese oltre l'alloggio, il bucato d'una camicia per ciascuna settimana e ogni giorno una zuppa di cui essi però debbono fornire il pane.
      Quanto questi operai non impiegano pel soddisfacimento dei loro bisogni generalmente limitatissimi, è risparmiato o pel mantenimento delle loro famiglie o per l'aumento del loro piccolo patrimonio.
      I delegati della polizia attestano unanimemente regnare l'ordine e la concordia nelle camerate degli operai costruttori e serbare essi una condotta che si potrebbe dire esemplare.
      Non è forse rincrescevole che questi ottimi operai dormano così agglomerati in piccole stamberghe? Avvezzi a lavorare all'aria aperta, l'angustia di tali alloggi dev'essere loro più penosa che non lo sia per altri.
      Così le febbri tifoidee sono troppo comuni tra loro e colpiscono talvolta delle camerate intiere.
      L'agglomerazione e l'insufficiente arieggiamento delle camere ammobigliate sono del pari pericolosi agli operai impiegati nelle officine e nelle manifatture. Essi infatti ogni giorno passano da un'abitazione infetta ad un opificio, che bene spesso non è meno di quella insalubre, e questi poveretti si trovano così predisposti a contrarre facilmente delle malattie contagiose. Di tutti gli individui componenti la classe povera, i cenciaiuoli e gli straccivendoli sono quelli che abitano le stamberghe più infette e più nauseanti.


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Milano in ombra.
Abissi plebei
di Lodovico Corio
Civelli Milano
1885 pagine 124