Pagina (104/124)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Eppure questo carcere segna un gran progresso in confronto di quello a sistema di famiglia. In quest'ultimo la sopraeccitazione dello spettacolo impedisce la riflessione e quindi la riabilitazione morale dell'individuo.
      Eccovi un giovinetto operaio arrestato, mentre nell'impeto dell'ira ha ferito un suo compagno. Vien tratto al carcere e consegnato al custode ed ai guardiani. Lo sdegno ed il dispetto ancora lo agitano, risponde con poca buona grazia alle interrogazioni del capo guardiano, il quale per punirlo della sua sgarbatezza lo fa mettere dove stanno i ribaldi più facinorosi. Appena il giovanetto pone il piede sulla soglia del carcere, tosto l'uscio gli si richiude alle spalle, ed egli si sente soffocare sotto una coperta e si trova gettato a terra.
      E perchè? mi domanderà il lettore.
      È una brutta consuetudine, che ebbe sempre vigore nelle nostre prigioni, e che non si è potuto far scomparire, se non colla abolizione del carcere a sistema di famiglia.
      Quel giovanetto è stato atterrato dai corsari.
      Sì, signori, vi erano i corsari nelle nostre carceri, e vi sono ancora dove non fu ancora applicato il sistema cellulare. Sono questi due prigionieri incaricati dal capo-stanza (che è il più anziano tra i rinchiusi in una stessa camera, e bene spesso il più ribaldo e il più manesco) a fare gli onori del ricevimento al nuovo venuto.
      Al suo ingresso, tutti si radunano nell'angolo della stanza il più lontano dall'entrata, tranne i due corsari, che sì mettono l'uno da una parte e l'altro dall'altra della porta, tenendo distesa una coperta di lana, colla quale imbaccuccano il poveretto che entra, e lo trascinano a terra.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Milano in ombra.
Abissi plebei
di Lodovico Corio
Civelli Milano
1885 pagine 124