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      Così fermo nell'animo, avevo già disteso una serie di considerazioni - quasi commento preliminare al gran lavoro - quasi cornice ad un quadro sì eccelso, - che mi gioverà in prova quì riprodurre integralmente.
      Esse erano del tenore infrascritto:
      Perchè mai il documento solenne che mi pregio presentare al lettore - e la cui importanza irrefragabile salta agli occhi in un subito - viene in luce sì tardo, - più anni dopo la morte del suo autore - fuori d'Italia - senza che per l'addietro s'avesse pur notizia della sua esistenza?
      Le ragioni molteplici, ma innanzi tratto quest'una ch'abbraccia e compenetra l'altre tutte: vo' dire la portentosa servilità indomabile de' reggitori la cosa publica in Italia, che - adulterate le nostre tradizioni, le aspirazioni nostre pervertite, l'onore nazionale prostituito, - strinsero un patto nefando con Austria e con Prussia; - e dispregiati i nostri naturali alleati - provocatili fors'anco - Libertà, Nazionalità essi violarono e Giustizia, - costituitisi complici, ministri, satelliti dell'austriache paure, dell'austriache vendette, giust'appunto in ciò che concerne codesto Testamento politico.
      Da che, conforme si parrà quinci oltre, anzi per entro le sue pagine tutte, il concetto fondamentale che lo informa; il duplice intento che lo anima, è non pure il rinnovamento d'una più stretta, più sincera, più duratura unione fra la gente Romana; - non pure il fermare una lega perpetua fra Romani e fra Slavi, - restaurando di pieno accordo la Nazionalità di nobilissimi popoli; - ma in esso, tutte riassumendosi l'aspirazioni de' conculcati, viene preconizzato, intimato il sovrastante annientamento d'ogni conculcatore, d'ogni compressore della Nazionalità. Donde ne consegue che l'Austria v'è la prima e in modo tutto speciale additata e minacciata del finale imminente esterminio.


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Testamento politico del generale Garibaldi e lettera memoranda agli italiani
di Enrico Croce
Alberto Savine Editore
1891 pagine 188

   





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