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      Agli Italiani far ragione del tradimento, de' traditori, del tradito!
      Non però mi duol meno diffondermi in tanti argomenti, mentre Garibaldi ci legava un retaggio di tutt'altro che di parole, cioè di fatti arditi e virili. Eppoi, forse che la verità e la rettitudine, hanno mestieri di venir suffragate con tante prove, quando le si presentano fiere, balde, imperterrite, e abborrenti da ambagi?
      Condannato, così ramingo per mezza Europa, perduto l'uomo che solo potea, senza alcun riservo, dire il vero e levar la voce in mio pro; insidiato da tutte le polizie cointeressate; finchè, stanco d'un'esistenza così perseguitata e randagia, venni catturato e condotto in Italia, reo del misfatto orribile ch'oggimai tutti sanno.
      Ma non sì tosto trovatomi fra bavagli e manette, oh con che osceno rancore l'Austria assassina aizzava i suoi rettili a mordere me impossente a difendermi. Con quant'acrimonia mi lacerarono allora a man salva le spudorate effemeridi austriache e quelle poliziesche della penisola! Con che giubilo estremo tutta la canatteria de' giornali venduti mise in campo sul conto mio le più invereconde panzane, le più ignobili fole(76)!
      E per tema che la calunnia, e l'accusa e la condanna dormissero inascoltate, tratto tratto i prodi nomini le rinfrescavano a gara su pe' soliti diari, esacerbando la piaga recente.
      Ed in allora conobb'io a prova come i nemici furono più accaniti a straziarmi, che non solleciti li amici a difendermi. In allora tutta esperimentai la verità della sentenza dantesca:


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Testamento politico del generale Garibaldi e lettera memoranda agli italiani
di Enrico Croce
Alberto Savine Editore
1891 pagine 188

   





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