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      Ma che perciò? Come ho sfidato le loro torture, saprò sfidare le loro vendette. Forse che li intemerati non debbono essere coraggiosi mai sempre?
      Per altro, da che l'avere adempiuto al più sacro de' doveri di cittadino e di patriota mi danna oggi a questa nuova pena d'immeritato esilio - esilio iniquissimo, quanto gli strazi che ne furono il coronamento e il preludio, confido che gli Italiani, con atti e fatti magnanimi, sapranno ben essi spianarmi la via del ritorno. Perchè, o come avrei io dunque patito - noncurante e silente - sofferenze sì crude senza la speranza e la fede in un generoso popolo riparatore?
      Quando no, mi giovi sperare ch'io rivedrò il cielo giocondo dell'Italia mia, solo alloraquando sott'esso la Giustizia più non vi sarà definita: - l'arbitrio de' più forti e la servilità de' più vili; - alloraquando i curiali avranno cessato dall'essere codardi e perfidi a petizion dell'Austria; - alloraquando insomma sarà dimostrativamente chiarito dove incomincia il giudice e dove finisce il sicario.
      Comunque, io sarò ognora - e peggio in Francia ove m'è forza vivere, - monumento vivente della libertà che si gode in Italia: - del vassallaggio infesto onde gemiamo aggiogati con Austria e con Prussia: - delle turpi condiscendenze della gente politica e togata verso le ingiunzioni straniere.
      Ben potrei io però, quando che sia, perdonare gli strazî e obliar le ferite onde fui lacerato: ma le ferite inferte all'onore d'Italia, oh quelle davvero non le perdoneremo giammai!
     
     
     
     
      DOCUMENTI


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Testamento politico del generale Garibaldi e lettera memoranda agli italiani
di Enrico Croce
Alberto Savine Editore
1891 pagine 188

   





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