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      Che ne vien mai da questo stolto disprezzo? Noi chiamiamo tutti gli altri popoli "barbari", e gli egizi chiaman noi "fanciulli".
      Tra i tarantini e gli ateniesi non vi è certamente tanta differenza quanta se ne osserva tra gli ateniesi e gli egizi. Hanno essi e linguaggio e iddii comuni, e piú frequenza di commercio, che rende comuni anche molti dei loro usi: sono egualmente volubili, sono egualmente ciarlieri, e leggieri egualmente.
      Raccontasi che una volta i tarantini rassomigliassero agli spartani, dai quali traevan origine(9). Se ciò è vero, è forza dire che i loro costumi sono di molto degenerati. Oggi di spartano non ritengono che il costume di aver i sepolcri entro la cittá ed il linguaggio, il quale è dorico, del pari che in tutti gli altri paesi dell'Italia e della Sicilia. A noi attici, e molto piú ai ioni, non può piacere un parlar troppo corpulento, che in ogni sillaba mette un "a" o un "o", e sostituisce ad ogni lettera aspirata una lettera tenue. Ma gli abitanti lo credono il piú antico; quello stesso che parlava il padre Doro prima di generar Elleno ed Eolo e tutti noi altri, quello con cui cantava i suoi carmi Orfeo; e lo credon perciò da preferirsi ad ogni altro dei dialetti greci. Non altro usano i loro scrittori; niun altro credono piú atto all'armonia. Almeno Pittagora lo diceva(10).
      I tarantini amano i piaceri piú degli ateniesi: si può dire, anzi, che questi ultimi piú dei piaceri amino l'allegria.
      Le sensazioni degl'italiani sono piú profonde. Se i tarantini non fossero frivoli, sarebbero i piú energici uomini della terra.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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