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      Siamo nel mondo, ed il maggior numero di que' che si trovavan con noi non eran filosofi. Del resto, domanda di me: tutti mi conoscono. Son capace di contentarmi di dieci lupini. Si tratta di dover bever acqua? sono una ranocchia. Si tratta di mangiar erbe? sono un bruco vero. Se non mi debbo lavare, divento l'istesso squallore; a soffrir caldo, sono una cicala; a vegliare, una nottola(38). Sono, insomma, il primo pittagorista d'Italia.
      - Ma perché - dissi io, - con disposizioni tanto felici per la virtú, non la professi apertamente? Tu hai giá fatto ciò che era il piú difficile: esser virtuoso. -
      Ed egli: - Te l'ho giá detto: siam nel mondo, siamo in Taranto. Tu vedi la lussuria che domina in questa nostra cittá. Ascolta tutto il nostro popolo: mangiare, bere e ingrassare allegramente. Tutt'i tarantini incominciano a dire che gli altri uomini travagliano per poter godere un giorno: essi, quando han goduto, credono aver vissuto(39). Vedi che le feste son piú numerose de' giorni dell'anno; ed in molte di esse che vedi? Gran quantitá di manzi scannati per dare a mangiare al popolo. Tra poco avremo di questi pubblici conviti una volta al mese(40). Se Archita vince una battaglia: - Bravo! - grida il popolaccio: - avremo una festa ed un pubblico convito. - Se si stipula coi turii o coi siracusani o coi cartaginesi un trattato vantaggioso: - Bravo! una festa ed un convito. - La repubblica è buona, perché si mangia. Tra questo popolo, che vuoi tu che io faccia? Io sono un povero uomo.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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