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      Allora il primo merito, che richiedevasi in chiunque voleva esser ammesso in tali adunanze, era il coraggio(58). Oggi ogni illusione è svanita, e l'uomo, se ha senno, non ha bisogno di coraggio. E cosí si snaturano e diventano inutili tutte le istituzioni de' tempi troppo antichi.
      I pittagorici, al contrario, ti provan coll'esercizio di tutte le virtú. Prima di ammetterti, esplorano tutto: moti, passi, parole, fisonomia, genitori; nulla sfugge alle loro indagini. Cilone, altre volte, non fu ammesso, perché apparteneva ad una famiglia troppo prepotente e mostrava, nel suo volto, ne' suoi atti, nella sua voce, un cuore crudele ed uno spirito vilmente soverchiatore. Non è vero ciò che taluni han detto, che, entrando nell'ordine, fosse necessitá rinunciare a tutt'i suoi beni; non è vero neanche che si debba rinunciare a tutti gli altri legami della vita e della cittá: cose tutte immaginate da quei vili, i quali non conoscono alcuna cosa di mezzo tra il desiderar le ricchezze ed il servire alle medesime. I pittagorici esigono ciò che è piú utile all'umanitá e, nel tempo istesso, piú difficile all'uomo: posseder i beni della fortuna senza esserne posseduto. Mollezza, avarizia, orgoglio de' natali, ambizione, loquacitá: ecco ciò che essi ti costringono a deporre. Chi vuole esser ammesso tra loro, deve vestir un cuore nuovo. La piú leggiera oscitanza o ti arresta nel cammino, o ti fa espellere dal collegio; ed allora gli altri ti reputan "morto"(59) e ti celebran le esequie.
      Si prolungano tali prove per due, tre, quattro, cinque anni, in ragion del profitto che taluno fa nell'amore della virtú e della veritá. Or dimmi: dopo le prove de' nostri "misteri", un uomo rimane colla stessa dose di coraggio che prima aveva: non vediamo noi iniziati egualmente tutti gli ateniesi?


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





Cilone