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      Era necessario istruir coloro che devono reggerlo, perché un popolo con centomila piedi ha sempre bisogno di una mente per camminare, e, con centomila braccia, non ha una mente per agire.
      Or ecco che Pittagora, volgendo in mente tali pensieri, si presenta al pubblico. La prima domanda, che gli si doveva fare, era sempre questa: - Ma tu chi sei, che ti rimescoli nelle nostre cose? - Quando non si hanno centomila combattenti ai propri comandi, a questa domanda non vi è altra risposta da dare che quella di dire: - Io sono inviato da Dio. - Il saggio dice il vero, perché da Dio vien la saviezza; e le prove della sua missione sono, per i saggi le virtú, per il volgo le virtú ed i miracoli. Gli dèi avean data a Pittagora la virtú: lo studio, che avea fatto della natura, rendeva a lui facili molte cose, che al volgo sembravan miracoli.
      Egli predisse talora la tempesta. Si narra che una volta predisse anche il terremoto. Espertissimo medico, annunziò spesso agli ammalati e la guarigione e la morte. Bastavan pochi fatti di tale natura: la fantasia del popolo, scossa una volta dall'ammirazione, ne inventava mille altri piú sorprendenti.
      Spesso il miracolo di Pittagora non era altro che un tropo di rettorica. Mentre siamo qui a sedere, uno di noi può ben dire: - De' legni, che usciran questa notte dal porto di Taranto, non tutti giugneranno alla mèta del loro viaggio; - e può avvenir facilmente che, mentre egli cosí ragiona, de' legni sortan dal porto, e taluno di essi, còlto dalla tempesta, perisca.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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