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      Pittagora dovea parlare al popolo, ai sacerdoti, ai grandi ed ai savi. Parlò al popolo di morale e religione. Chi gli si poteva opporre? Nulla innovò nella religione allora praticata, ma disse che il principal atto di ogni religione era la virtú. Avvezzò in tal modo gli uomini a paragonarla colla morale, e questo col tempo dovea bastare a purificarla. Egli non era inesorabile se non sulla morale. Solo nella morale gli uomini doveano esser convinti; se vi fosse stata necessitá, anche costretti. In tutto il dippiú diceva dover essere istruiti e tollerati.
      Parlò al popolo de' suoi piú cari interessi, e ne parlò col linguaggio che piú conveniva al popolo, cioè con parabole e proverbi. Se è vero che gli esempi muovon piú de' precetti, le parabole, le quali non sono altro che esempi, debbon muovere piú degli argomenti.
      Proverbi, e proverbi popolari, sono tutte quelle sentenze pittagoriche, che a voi sembrano inintelligibili, tra perché ignorate i costumi de' popoli per li quali sono stati immaginati, tra perché vi ricercate sempre sensi piú sublimi e misteri piú alti di quelli che naturalmente ci si comprendono.
      Cosí, per esempio, volea Pittagora insegnare il rispetto agli dèi? Diceva: - Va' al tempio, e non ti volgere a fare o a dir cosa che appartenga alla vita. Scalzo, sacrifica ed adora. A niuna meraviglia degli dèi e degli oracoli divini non negar fede. Soffiando il vento, adora quel suono. Quando il cielo tuona, tocca la terra. -
      Volea ispirare rispetto ai principi? Diceva: - Non lacerar la corona.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





Pittagora