Pagina (85/772)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

     
      Non nego che talvolta vari di questi proverbi sono stati usati per indicar doveri piú sublimi de' doveri popolari, e si è creduto leggervi un'istruzione per tutt'altri che pel volgo. Ma la virtú de' savi e quella del volgo han molte parti simili, ed in conseguenza possono aver molti precetti comuni. Il saggio deve far piú del volgo, ma lo scopo a cui tendono è lo stesso; e quello stesso proverbio, che ricorda al volgo il dovere di non far male, impone al savio quello di fare anche il bene.
      Hanno questi proverbi, in bocca di riformatori, grandissimi vantaggi. Sono come monete d'oro, le quali in piccolo volume racchiudon molto valore. S'intendono da tutti, si rammentano da tutti, dánno luogo a diverse interpretazioni; e cosí ciascuno vi si adatta. Dopo una etá, le idee degli uomini debbono per necessitá cangiarsi. Se voi avrete dati precetti chiari, rigidi, inalterabili, sará necessitá o cangiarli per adattarli ai nuovi costumi, o vederli rotti. Il primo non sempre si può fare; il secondo produce spesso il massimo de' mali, perché peggio di tutti i precetti anche cattivi è il non averne nessuno. Con precetti esposti a modo di proverbi e di parabole, il poter de' principi si conserva per molte etá, si evita l'anarchia delle idee e si ottiene la mediocritá del bene, evitando il massimo de' mali.
      Nelle cittá colte le leggi civili debbono esser tutte diverse dai precetti di religione e di costumi: chiare, precise, inesorabili. Ma sapete voi perché? Perché, quando si debbon riformare, il che avviene spessissimo, il popolo tien altri precetti da seguire.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772