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      Il consiglio piú prudente è quello di dire ai nostri concittadini, agl'italiani, al mondo intero: - Voi ci avete accusati, perseguitati, distrutti; e perché? Ecco quello che noi pensavamo, ecco quello che preparavamo per voi, e, se non l'aveste impedito, ecco quello che avressimo fatto. -
      Almeno, dopo tante sventure sofferte, dopo tante speranze perdute, mi consolava l'idea che qualche bene sarebbe pur nato un giorno da quei concili nazionali, che voi vedete stabiliti tra molti popoli e cittá dell'Italia, e che si debbono a quell'amor di patria che i nostri neanche nell'esilio seppero obbliare. Quando si trattò delle condizioni del loro ritorno, gli esuli chiesero che si stabilisse tra le cittá dell'Italia quella stessa federazione che eravi tra le cittá degli achei. Gl'italiani, stanchi per i mali sofferti, pattuirono una lega per la comune difesa, e fu sancita colla pena di morte contro i capi di quella cittá che ricusasse di prestar aiuto ad un'altra, che venisse attaccata da un nemico comune. Gli achei furono gli autori del consiglio, quegli stessi achei che tanto generosa ospitalitá aveano esercitata coi nostri esuli. I crotonesi, i sibariti, i locresi furono i primi ad accettarlo, ed incominciarono a tener i loro concili in un tempio, che dedicarono a Giove Omorio. Col tempo si unirono altri popoli ed altre cittá, e fu dichiarata sede de' concili generali Eraclea(106).
      Ma ecco che il demonio della discordia risorge dalle sponde dell'Eurota e dai lidi del Pireo e di Siracusa, per turbar di nuovo la nostra pace e rompere il debole laccio della nostra nascente unione.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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