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      Verrá il tempo, e tutti si avvedranno che Dionisio ha ingannati egualmente gli spartani, gli ateniesi e gl'italiani, e che l'unico suo fine era quello di far distruggere in vicendevoli guerre gli amici ed i nemici, onde poi, vincendo i primi e tradendo i secondi, avesse potuto regnar solo. Il sangue che si spargeva, che vale saper di chi fosse? Dionisio non vedeva che sangue altrui.
      - Tu parli di Dionisio - diss'io. - Ma dimmi, ti prego, Archita: onde mai nacque in lui quell'odio feroce col quale perseguitò i pittagorici? Un tempo so che bramava la loro amicizia. Poi narrasi che siasi indispettito contro i medesimi per l'ostinazione colla quale essi custodivano il segreto della loro unione.
      - Odi - rispose: - l'animo umano va soggetto a molte malattie. È verosimile che un uomo pieno di timori e di sospetti, qual era Dionisio, siasi indispettito, non ritrovando mai ciò che egli sempre desiderava e sperava sempre di ritrovare. Il timore ed il sospetto sono le passioni piú fatali agli uomini potenti, perché sono le sole che non si posson mai né vincere né calmare. Chi piú ha temuto piú deve temere, chi piú ha sospettato ha piú ragion di sospettare; finché, divenuto odioso, intollerabile per le crudeltá alle quali lo strascina il suo medesimo sospetto, cada vittima di quei mali, che, senza i suoi timori, senza i suoi sospetti, senza le crudeltá sue, non sarebbero nati giammai. La persecuzione irrita gli animi degli oppressi e gl'indurisce a segno da non voler piú rivelare neanche ciò che sarebbe inutile tacere.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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