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      E che cena, per Ercole! che cena! I pittagorici non sono tanto sobri. Il miglior cibo era sempre quello che egli stesso avea coltivato nel suo giardino. Quali erano i suoi discorsi? Incominciava dal chieder minuto conto di tutto ciò che nel giorno era avvenuto in casa. Indi domandava ad uno ad uno a tutti noi, allora piccoli fanciulli, se ci eravamo ben condotti, se avevamo mancato di rispetto alla madre ed all'ava... Per buona sorte, allora appunto ci sorprendeva il sonno. Poi incominciava un altro discorso, ed era quello delle sue campagne, e ti parlava di tutti i venti e di tutte le meteore, di tutti i frutti: avea contati ad uno ad uno tutte le sue pera e tutti i suoi fichi. Il terzo discorso cadeva sempre sui vicini. Tutti li conosceva, sapeva a minuto gli affari di tutti. Ora ti raccontava di aver data occasione di lavorare ad un omo che non avea da vivere; ora di aver rimesso sul buon sentiero un giovine scapestrato; ora di aver ristabilita la pace in una famiglia; ora... Chi può narrarti tutto quello che ei diceva? Talora avveniva che tra tanti si nominasse uno dei nostri magistrati. Allora sí che mio avo parlava di piú... Tutto andava male, ora che egli e qualche altro suo amico eransi ritirati dagli affari: tutto era andato bene, quando gli affari erano stati nelle loro mani. Facea recar dell'altro vino. E ad ogni bicchiere che beveva, ora faceva condannare a morte un ladro, che non vi sarebbe stato ai tempi suoi; ora emendava una legge, che ai tempi suoi non si sarebbe mai decretata; un altro bicchiere, e vinceva una battaglia che, essendo egli eforo(122), non si sarebbe mai e poi mai perduta.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





Ercole