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      Simile a Iole oppressa dal peso delle armi di Ercole, voi vedete tutti coloro che la imperiosa forza delle passioni rende servi del corpo. I loro moti scomposti; le loro, non agitazioni, ma contorsioni; gli sguardi incerti, scorretti; le labbra gonfie, tremanti, pallide; i colori che vanno e vengono come l'onde insensate del Ionio. Nascono queste cose dall'ira, dalla voluttá, da qualunque passione: esse v'indicano sempre lo stento, la stoltezza di volere ciò che non si può, l'impotenza di fare ciò che si vuole; l'artefice, infine, servo dell'istrumento suo.
      Le funeste ripetute impressioni, che questi bassi affetti lasciano sulle nostre forme, le rendon simili alle vecchie statue di pietra, che i nostri antichissimi maggiori avean messe nei boschi e sulle cime dei monti, un tempo oggetti delle loro adorazioni, ed oggi, guaste dalla pioggia, dal vento, dagli anni, oggetti di riso de' loro nipoti(131).
      In Giove il comando, col quale muove la terra, il cielo, il mare, tutti gli elementi, non è che un lieve moto dell'eterno suo ciglio. Apollo giá allenta l'arco infallibile; il suo braccio cade sul fianco, non perché abbia bisogno di riposo, ma solo perché l'impresa è compíta. Tu vedi la vittoria del nume e non la sua fatica. La terra fuma del sangue di Pitone: sulle labbra del dio tu riconosci ancora lo sdegno, ma lo sdegno degli onnipotenti, misto al sorriso. La Giunione di Zeusi è bella; ma tu ben ti accorgi che ella sente di esser piú che bella: al suo decoro tu riconosci la moglie di Giove e la regina degl'immortali.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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