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      .. E che non avrebbe dovuto dir questo riformatore, e di quanto tempo non avrebbe avuto bisogno per persuaderne il popolo? Egli intanto avrebbe compíta la sua giornata, e delle opere sue nessuna si avrebbe potuto dir perfetta, finché vi fosse rimasta ancora qualche cosa da fare. Il filosofo puň impunemente procedere con metodo ed incominciar dai princípi; il tempo č in suo potere; gli uomini si restano ove egli li lascia. Se un riformatore non insegna ben presto ciň che si deve fare, gli uomini, i quali forse non pensano ma perň agiscon sempre, continueranno ad agire, e, non potendo agire secondo i di lui princípi, agiranno contro i medesimi e li distruggeranno. Non vi č riformatore meno filosofo di quello il quale voglia esser troppo filosofo. Il suo dovere č quello di accelerar sempre le conseguenze, dalle quali dipendono le azioni: il popolo risalirá, col tempo, ai princípi.
      Pittagora si č presentato al popolo e gli ha detto: - Io vi giuro che Omero ed Esiodo sono nel tartaro in pena di ciň che hanno mentito sugl'iddii immortali. - Il popolo giá credeva all'esistenza degl'iddii; giá credeva all'esistenza di un tartaro: che gli diceva, dunque, di nuovo Pittagora? Che tra tante migliaia di uomini, che il popolo giá credeva esservi, vi fossero anche Omero ed Esiodo. Qual cosa potete voi immaginar piú semplice, piú verosimile? Il popolo beveva questo fatto come acqua, ed a capo di tempo incominciava a dubitar degl'iddii di Omero, interrogava gli altri, e si formava nuovi iddii e nuovo tartaro.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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