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      - Ed io amerei che la scegliessi tu stesso. Vediamo, o Cleobolo, se possiamo ritrovar insieme qualche ragione che ci mova a sceglierne una in preferenza di un'altra. Qual sará l'uomo a cui noi commetteremo la custodia e l'esecuzione delle leggi? Tu non l'affideresti per certo allo stolto, il quale o non le intendesse o non sapesse applicarle ai fatti de' privati. Ma, oltre di questa, quasi diremo, comune sapienza, tu richiederesti nel governatore di cittá una mente capace di conoscer gli uomini, i tempi e le cose, onde possa nel bisogno ora supplire a ciò che le leggi non potevano prevedere, ora cangiarne la lettera per conservarne lo spirito, ora sospenderle per non farle perire: richiederesti, insomma, nel governatore la mente istessa del legislatore. Imperciocché le leggi, che costui scrive per una cittá, sono come i precetti che per conservare la pubblica sanitá lasciasse scritti un valente medico che parte per regioni lontane. Se mai o l'influsso del cielo, o la fame, o la guerra, o tal altro accidente producessero nella cittá una pestilenza dal medico non prevista, sarebbe stoltezza non voler accettar gli aiuti di altri medici; ma sarebbe utilissimo poterne ritrovare un altro, il quale meritasse tanta fiducia pubblica quanta, per lunga e felice sperienza, il primo ne avea giá acquistata. È vero tutto ciò che io dico?
      - Verissimo, o Clinia.
      - Non affideresti neanche la custodia delle leggi ad uomo, che tu conoscessi esser violento, prepotentemente scellerato, servo de' suoi capricci e delle sue passioni; ma lo brameresti temperato, prudente, che sappia prevedere il male e fare il bene, che sia giusto.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





Cleobolo Clinia