Pagina (174/772)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      La cittá è presa, e tutti i nobili sono scannati. Aristodemo costrinse le loro vedove a sposare coloro che ancora avean le mani lorde del sangue degli uccisi mariti. Egli però comprese che le sole vie del rigore non erano bastanti a sostener quell'impero, che la viltá degli abitanti gli avea permesso di usurpare; e pensò di conservar sempre quella stessa viltá, onde estinguere finanche l'energia necessaria alla vendetta. Ed eccoti Cuma convertita in un gineceo. Egli ordinò che i figli de' principali della cittá non attendessero ad altri studi che a quelli dell'eleganza e della mollezza. Non piú palestra, non piú ginnasio, non piú scuole. I soli maestri, che la gioventú conoscesse, erano ballerini, suonatori di flauto, perrucchieri; e, quasi ciò fosse ancor poco, si ordinò per legge che tali maestri non fossero giá uomini, quali son per tutto altrove, ma donne giovani e belle, affinché non rimanesse neanche l'apparenza della virilitá. Mi raccontava mio avo, il quale a quel tempo fu in Cuma, che si vedevano i giovani passeggiar per la cittá accompagnati da bellissime donne, che loro davano il braccio e tenevan l'ombrella, onde il sole non annegrisse e non irruvidisse la di loro pelle(161). Le fazioni militari si ordinavano per il giorno seguente, colla condizione: "se non pioverá". Non vi erano, a buon conto, in Cuma altri uomini che Aristodemo e seimila satelliti, ch'egli avea condotti a soldo da diverse regioni dell'Italia; gente stolidamente feroce, senza cura né di bene né di male, ed alimentata perché fosse istrumento e difesa della scelleratezza.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





Cuma Cuma Cuma Aristodemo Italia Aristodemo