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      Noi abbiam dato asilo egualmente ed ai greci ed ai troiani.
      - Questa - diss'io - è cosa degna di molta osservazione. Non può esser certamente avvenuta per caso.
      - Potrebbe esser avvenuta per consenso de' nostri primi savi, i quali, volendo servirsi de' canti di Omero per lezioni di pubblica morale, hanno tratta l'origine delle cittá da quegli eroi ch'erano stati dal gran cantore celebrati. Cosí l'origine comune accresceva l'interesse, e l'interesse accresceva l'attenzione. I nostri antichi savi facevan grand'uso della poesia per istruire i popoli, ed inventavano delle favole per metter come in azione la virtú. Oltre de' poemi che sappiamo che essi han composto, han fatto anche de' versi da scolpirsi in tutti i capi strada delle cittá; e tu ne hai potuti veder moltissimi in Taranto ed anche qui, se ti piace. Sono di vari autori. Lisida ne ha composti parecchi. I piú antichi sono attribuiti a Pittagora. Tutti si chiamano "versi d'oro". Son massime brevi, racchiuse in versi facili ad intendersi, facili a ritenersi a memoria(171). I popoli han bisogno della morale in ragionamenti e della morale in favole. La prima rassomiglia alle grandi monete d'oro, le quali spesso ci sono inutili per l'uso della vita, che richiede dei piccoli oboli.
      - Tu dunque credi - diss'io - che i poemi di Omero sieno stati scritti in Italia?
      - Io non so ciò che debbo, solamente so ciò che non debbo credere. Voi mi dite che Omero era di Smirne, di Atene, di Colofone: non vi è cittá della Grecia che non si vanti sua patria.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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