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      Sebbene la storia non lo dica apertamente, pure è da supporsi che Dionisio divenisse egli stesso padrone di Locri e che la trattasse durissimamente. Spogliò il tempio di Proserpina, che apparteneva ai locresi, suoi amici, non altrimenti che avea spogliato quello di Giunone Lacinia, che era nel territorio de' crotoniati, suoi nemici. Son note le tiranniche dissolutezze che Dionisio il figlio esercitò in Locri. Pare che i locresi siensi pentiti di aver invitato il siracusano a sostener le loro ragioni. Ma il pentimento fu tardo, ed avvenne allora, per la loro imprudenza, ciò che è inevitabile di avvenire ogni volta che le nazioni, immemori della propria virtú, voglion mendicare dagli altri un aiuto per sostenere i loro capricci. Dionisio vinse gli alleati de' reggini ed impose loro la condizione di rimaner neutrali. Assediò Reggio, la quale, non potendosi difendere, ottenne la pace a condizione di pagare a Dionisio trecento talenti e consegnargli tutte le navi. Ma, due o tre anni dopo, Dionisio, per frivoli pretesti, dichiarò di nuovo la guerra. È orribile la descrizione delle miserie a cui Reggio fu ridotta per l'assedio, e delle crudeltá che Dionisio vi commise dopo la resa. Per rendersi piú forte, Dionisio suscitò i bruzi alla rivolta contro i lucani. Io ho ragione di credere che allora i bruzi incominciarono a figurare come nazione indipendente; che essi, e non i lucani (coi quali spesso si confondono), furono quelli che si collegarono con Dionisio e disfecero l'esercito de' turi.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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