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      Narra, dunque, che Filolao viveva tranquillo in Crotone, sua patria, contento della ricerca del vero e dell'esercizio delle virtú private. Eraclea, surta da non molti anni sotto gli auspici di Taranto, non avea ancora né leggi né costumi; e gli eracleesi credettero che, ad ordinar questi e quelle, conducesse aver un collegio pittagorico ed un legislatore. Invitarono Clinia da Taranto, e da Crotone Filolao, cui affidarono la somma delle pubbliche cose. Essi lo videro condottiero delle loro armate, e fu valoroso; oratore de' loro interessi ai popoli vicini e potenti, e fu fedele e prudente; arbitro di tutti i loro giudizi pubblici e privati, e fu incorrotto. Quell'uomo, che era stato per venti anni il supremo, l'unico moderatore di una cittá popolosa, ricca, potente; quell'uomo (rammentalo, o mente, ai posteri) è morto poverissimo, e noi abbiam vista la sua famiglia errar per l'Italia, mendicando dalla pietá degli amici del padre i soccorsi per sostentare la vita.
      Ma gl'iddii rivolgevano contro gl'italiani disegni di altissima punizione. Non bastavano i mali che Dionisio avea prodotti colla guerra. Vincitore de' reggini, amico ed alleato per affinitá de' locresi, padrone di Caulonia, vedeva che la potenza de' lucani formava un ostacolo insuperabile all'esecuzione de' suoi disegni. Ed eccoti che, ad infievolir questa potenza, egli tenta destar negli animi de' bruzi pericoloso desio di nuovi ordini, onde nascesse il malcontento contro gli antichi, l'inimicizia ne' cittadini, la discordia, la disobbedienza, la debolezza nel popolo intero.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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