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      Credete voi che sessanta anni di virtú non m'impongano qualche dovere, che un altro forse non avrebbe? -
      Altri gli proponevano di darsi da se stesso la morte, onde evitare cosí e gli opprobri ed i tormenti, che minacciavano gli scellerati. Ma egli rispose: - Voi non siete né piú forti né piú giusti degli altri(188). Noi vogliamo ucciderci per non morire.
      Insensati che siamo! Parliamo di tormenti? E potranno questi farmi nulla di peggio che farmi morir piú presto? Parliamo di opprobrio? Sono ormai quaranta anni dacché non studio altro che di regolar le mie opinioni indipendentemente dal volgo. E, dopo quaranta anni, voi mi direste: - Filolao, tu che sei stato in tutta la vita disprezzator de' rumori della plebe, e contro cui essa non ha avuto mai il coraggio di muovere un'accusa, cangia oggi costume, e dá' al volgo la prima occasione di disprezzarti, mostrandogli che la tua virtú è tale, che non sa resistere alla sua opinione! -
      Credete voi, miei amici, che mi sarebbe stato difficile guadagnar gli animi di questa mobile turba? Voi la vedete oggi tutta furente contro di me: non sono venti giorni e pendeva tutta dal mio cenno. Se avessi condisceso alle loro brame insensate, sarei ancora l'arbitro di Eraclea. Ma io non ho saputo comprare il favore del popolo col sacrificio della mia virtú; e voi tutti mi avete applaudito, perché credevate che una legge eterna mi obbligasse alla virtú.
      Ebbene, amici, la stessa legge mi obbliga a conservar la vita. Non è la volontá di un pretore o di un concilio o di una sola cittá: è la legge della cittá degl'iddii, dell'universo.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





Eraclea Filolao