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      E riteniamo anche oggi una specie di tale antichissima commedia, che narrasi esser stata inventata dagli osci, primi abitatori di gran parte dell'Italia, e che oggi chiamasi "atellana" dal nome della cittá dove l'uso se ne è meglio conservato, e donde partono quegli attori ambulanti, i quali vanno in giro per tutte le altre cittá d'Italia. Se tu anderai un giorno tra i sanniti e tra i campani, troverai tale commedia piú frequente che tra noi; e que' popoli a tutte le altre, che noi riputiam migliori per arte, la preferiscono. Potrá ivi un governo vietar, se vuole, una commedia di Epicarmo, ma non potrá impedire, senza destar pericolosi tumulti, che si rappresentino le Novantanove disgrazie di Macco o le Ridicole fattezze di Manduco(209).
      Tale è lo spettacolo che tutti i popoli vogliono nella loro prima etá. Ciascuno di essi si forma nella sua mente due modelli, uno per l'eroismo, l'altro per la viltá: il primo per ammirarlo, il secondo per disprezzarlo. Sta nel mezzo il modello del buono, cioè di quello che deve imitarsi; ma il popolo non lo conosce, se non ha prima ben compresi gli estremi.
      Or quali vuoi tu che sieno questi due modelli nella prima etá dei popoli? I costumi sono semplici, ed in conseguenza uniformi; gli uomini differiscono piú nell'ingegno che nel cuore, piú nelle maniere che nelle azioni. Vorrai tu un modello da commedia? Dovrá esser piuttosto goffo che vizioso: gli uomini non ancora conoscono il vizio. Vorrai un modello per la tragedia? Gli uomini, tutti egualmente virtuosi, non differiscono che pel coraggio maggiore o minore, e, piú che pel coraggio, differiscon per la maggiore o minor pazienza in tollerare i mali che vengon dal fato.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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