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      Candido era il core di Dafni, di quel Dafni che oggi vede dall'Olimpo aggirarsi sotto i suoi piedi le nuvole e gli astri, e che, primo ne' monti di Sicilia, ottenne da Pane la siringa ed insegnò all'Eco a ripetere altri suoni che i belati delle agnelle ed il muggito dei tori. Prima di lui, i pastori seguivano il loro gregge soli, taciturni, diffidenti l'uno dell'altro; e, se talvolta incontravansi, si guardavano e poscia oltrepassavano, come uomini che nulla avessero che dirsi. Dafni fu il primo che li invitò nell'ampia sua grotta, quando, la sera, eransi le greggi rinchiuse; ed ivi divise con loro le frutta che egli stesso avea raccolte, ed il mèle che le sue api avean fabbricato, ed il vino delle viti che Bacco avea insegnate a coltivare. Negli ardori intollerabili di un mezzogiorno di estate, egli il primo offrí a coloro che passavano l'ombra dei platani fronzuti, che avea piantati attorno alla sua grotta. - Questi doni ce li han dati gli iddii - diceva Dafni, - i quali sono padri di tutti gli uomini, e voglion che i loro doni sieno vincoli di amicizia comune. Dafni cantò gl'iddii, cantò la ridente primavera, il pomifero autunno, cantò l'amicizia, cantò l'amore. Gli altri incominciarono a ripetere i canti di Dafni e ad imitare le sue virtú.
      Dafni provò anch'egli i capricci dell'onnipotente figlio di Venere, che ama unire, con gioco crudele, due cori discordi. Le ninfe de' colli vicini, ora superbe, ora gelose, sparsero spesso di amarezza i suoi giorni; l'Eco ripeté spesso canto di affanno; ma quello stesso canto, mentre destava la pietá ne' cuori altrui, alleviava il dolore in quello di Dafni.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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