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      Ecco gli oracoli ed ecco i prodigi veri.
      - E che fece Pittagora, giunto in Crotone?
      - Per qualche giorno la di lui fama circolò di bocca in bocca. Qualcheduno volle vederlo, e la sua presenza ed i ragionamenti suoi accrebbero il rispetto che giá si avea pel suo nome. Finalmente un giorno tutto il popolo, fanciulli, giovani, vecchi, uomini, donne, tutti si radunano nel ginnasio. Pittagora appare, ed una voce si eleva e dice: - Uomo divino! tu al certo non sei venuto tra noi senza ispirazione di qualche dio propizio a questa cittá. Vedi tu qual è il nostro stato? Tutto l'esercito distrutto, estinta la migliore parte della nostra gioventú, i nemici alle porte, niuno scampo oltre la morte; non piú leggi, non piú ordini, non piú annona. Se tu non pensi a salvarci, noi siam perduti. - E tutti ripetevano: - Noi siam perduti! Salvaci, salvaci: noi siam perduti! -
      Pittagora, fatto segno di silenzio, ascese sulla tribuna, e, dopo aver girato lo sguardo sulla moltitudine che lo circondava, e che si calmò in un momento, come l'onda del Ionio si calma al primo raggio sereno che indori le cime del Lacinio, incominciò:
      - Le sventure vengon dagl'iddii, che voglion talora con esse provare gli uomini e le cittá; ma la disperazione vien sempre dai nostri cattivi consigli. Voi oggi siete disperati, perché avete perduta una battaglia. Non son dieci giorni, ed eravate superbi per quelle che avevate vinte. Ma, se voi foste savi, vedreste che né ora avete ragion di disperare, né allora ne avevate d'insuperbire; poiché il vostro stato d'allora non era al certo molto migliore di quello che sia lo stato di oggi.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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