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      Questo rimprovero non si poteva fare al mio buon conduttore. Il piú lepido de' suoi discorsi fu quando, nel prender congedo da lui, egli mi volle dar un amichevole avvertimento. Avea creduto che io fossi venuto in Crotone per fine di commercio, in occasione della fiera che si tiene nelle prossime feste di Giunone Lacinia. - Cangia consiglio - mi disse, - o giovane. Sai tu quell'arte di mentir con eleganza che chiamasi "civiltá"? Se la sai, puoi sperar ogni guadagno. Qui non sono piú in onore né studi di lettere, né eloquenza, né industriosa frugalitá, né santitá di costumi. Tutt'i cittadini son divisi in due sole classi, quella di coloro che ingannano e l'altra di coloro che sono ingannati. La cittá non è che un campo, in cui altro non vedi che cadaveri divorati e corvi divoratori(257). Addio. -
      Cosí mi disse il vecchio crotoniata... Andiedi a ritrovar Platone, il quale quella mattina non era stato con me. Egli mi disse: - Veramente trovo anche io questa cittá decaduta di molto. In altri tempi Dionisio non l'avrebbe presa. Ma vedi: questa sciagura, invece di riformare i costumi, finisce di corromperli. Non mai le sciagure politiche hanno corretti quei vizi, che l'avean prodotte; che anzi gli uomini, divenuti una volta stolti, traggono dalle stesse sciagure occasioni di nuove stoltezze. Son come i giocatori, i quali, quando si veggono oppressi dalla miseria, non credono giá che il male venga dal gioco, ma bensí dalla sventura nel gioco. Il vizio è in noi, e lo riputiamo natura o bisogno: la fortuna è fuori di noi, e speriam sempre che si possa un giorno cangiare.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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