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      Guai a noi, se tutte le discordie di voialtri filosofi fossero reali! Il piú delle volte non sapremmo dire se faccia caldo o freddo, se si debba o non si debba mangiare, se... Ora io credo che tu e Platone, in sostanza, diciate lo stesso. Né tu distruggi le virtú della guerra, né Platone odia quelle della pace. Disputate, perché siete ambedue filosofi, ed è vostro mestiere disputare. Disputate sui metodi, sulle parole; ma alla fine non dite forse ambedue che tra tutte le virtú quelle della guerra tengono il primo luogo, perché sono le piú necessarie e perché, senza di esse, tutte le altre non bastano a salvar la cittá? Tu disputerai quanto vorrai coi filosofi, ma non potrai mai negare la veritá di ciò che Platone pronostica della sorte futura dell'Italia.
      Quest'avvilimento della virtú militare renderá le vicende politiche piú frequenti e piú crudeli. Il numero delle interne non diminuirá, perché da queste non ci salva il coraggio, ma la giustizia, la quale non abbonda mai tra i popoli imbelli. Non mancherá mai la forza per commettere il male. Ma dall'altra parte crescerá il numero delle vicende esterne, perché la nostra debolezza sará sprone all'ambizione altrui, e l'esito fortunato, che coronerá l'audacia del primo, dará animo a mille altri di tentar lo stesso. I popoli potenti si serviranno della casa dell'imbelle come di un campo comune per battersi senza distruggere la casa propria. I lucani ed i bruzi incominceranno a vendere i loro servizi a chiunque vorrá comprarli. Li comprerá l'usurpatore per sostenere le sue ingiustizie; li comprerá il popolo debole per salvarsi dal potente; li comprerá il potente per togliere ogni difesa al debole.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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