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      Non vi è in questo circolo che un punto solo, dal quale noi possiamo veder quel poco di vero che ci è concesso sapere. Socrate, Archita, Timeo vi si son fermati, simili ad uomini che dall'alto di uno scoglio veggan le opinioni altrui andare, venire, rompersi siccome onde di mare agitato: gli altri si lasciano trasportare dalla corrente, e vanno a perdersi miseramente o nella dubbiezza o nella presunzione.
      Questi stessi uomini sommi, de' quali ti parlo, sono quelli che determinano il corso delle varie sètte e la vita delle varie sentenze della filosofia. Non è giá che tutte non finiscano negli stessi estremi, siccome le correnti del Tirreno rompono tutte inevitabilmente in faccia alle coste dell'Affrica o dell'Italia, limiti insuperabili che la natura ha messi ai loro movimenti; ma gli scogli e le isole, che sono qua e lá sparse per la vasta superficie del mare, ne determinano il corso, e fan sí che le correnti giungano, or piú presto or piú tardi, or piú direttamente or piú tortuosamente, al loro ultimo fine.
      Quella, che noi chiamiam "dialettica", sará l'eterno mobile di ogni filosofia. Essa ci dovrebbe insegnare quanta fede si debba ai sensi, quanta alla ragione. Ma il limite è difficile a segnarsi: la dialettica è piú atta ad emendare il troppo che ad assegnare il giusto. Essa sa talora domandare agli empirici: - Ove è la ragione di ciò che credete? - talora ai ragionatori: - Ove è l'esperienza la quale confermi ciò che asserite? - qualche altra volta dimanda ad ambedue: - Che vi è di comune tra ciò che vedete o ragionate e ciò che è? tra voi e la natura? tra voi ed il vero?


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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