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      Tutto quello, dunque, che noi possiam conoscere nel mondo si riduce ad una delle tre cose: l'idea, la materia, il mondo visibile. Conosciamo la prima colla mente e colla ragione, l'ultima col senso. Ed in queste due cose avrem sempre veritá o almen certezza, perché è impossibile che non sia sensibile ciò che si sente, e che sia smentita quella idea che noi stessi colla ragione abbiam formata. Ma, ove si tratta di conoscer la materia, che altri chiaman 'sostanza delle cose sensibili', noi non abbiamo che un'adulterina specie di raziocinio, ed appena dal paragone di vari oggetti ci è permesso di andar raccogliendo qualche probabilitá.
      Iddio non potea crear il mondo senza dargli delle leggi. Un Dio buono non potea essere autore se non di opera buona, e tale che egli stesso se ne fosse compiaciuto: non potea creare il mondo senza volerlo conservare. Questo mondo è uno; e come no, se per 'mondo' noi intendiamo tutto ciò che è stato creato? È immenso, e come no, se fuori di lui non vi è altro che esista? Tutto ciò che era nell'idea esemplare(r) della divinitá si contiene nel mondo; e, siccome quella racchiudeva tutti i possibili, cosí il mondo contiene tutti i fatti. La sua figura è circolare, perché il circolo è la piú perfetta tra le figure; e, se non fosse tale, avrebbe qualche sua parte la quale sporgerebbe nel nulla, e qualche altra maggiore o minore, il che non conviene ad un essere che abbiam detto infinito. Il mondo finalmente è solido, perché, se tal non fosse, non sarebbe neanche sensibile.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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