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      Se vedi il nostro amico Dione, fa' sí che legga questa lettera, onde conosca qual sia lo stato degli uomini e delle cose e che si debba sperare dal mio viaggio. Io non ancora ho visto Dionisio. Egli ora non è in Italia; ma Locri e Caulonia, luoghi che sembra aver scelti per la sua ordinaria dimora(394), sono pieni delle sue crudeltá e libidini, e mi pare di trovarmi in mezzo ad un gregge sul quale un lupo affamato abbia esercitato il suo furore. La fiera non vi è piú, ma io la riconosco alle vestigia che hanno lasciato i suoi passi.
      Vuoi tu udir ciò che dicono i locresi? - I regini furono dal padre di Dionisio menati schiavi e venduti(395), ma ne' fertili campi della Sicilia essi hanno ritrovati padroni meno crudeli, i quali loro lascian parte almeno de' frutti di quella terra che bagnan col loro sudore: a noi Dionisio, a noi miseri non lascia nulla.
      Il padre saccheggiò i tempii delli nostri iddii, il delubro di Proserpina, protettrice della nostra cittá(396): il figlio ci toglie anche la vita che gl'iddii ci avean data. E, giá non contento de' nostri averi, si prende i nostri corpi; e le nostre mogli, le sorelle, le figlie nostre sembran riserbate a saziare la sua lussuria, in quelle orgie ch'egli ha introdotte tra noi e nelle quali si celebrano ben altri misteri che quelli del padre Bacco(397). Narrasi che nei tempi antichissimi i nostri avi avessero con voto insensato promessa a Venere la verginitá delle loro fanciulle, onde renderla propizia alle loro armi nella guerra che avean coi regini.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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