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      Io vedrò Dionisio: lo vedrò, perché egli lo vuole, perché lo vuole Dione. Ma, in tanta corruzione, io o nulla o poco spero dall'opera mia. I consigli dell'amicizia oprano lentamente e quasi per abitudine; ma, perché si convertano in abitudine, è necessario che sien continui, è necessario che sien graditi, che non sieno sospetti; e Dionisio, al contrario, teme troppo e troppo sospetta di Dione per potermi ascoltar lungo tempo e sempre con eguale fiducia. Quegli stessi, che quasi ce lo strapparon di mano la prima volta quando, ne' primi giorni del suo governo, prometteva alla patria tempi migliori, quegli stessi me lo strapperanno di nuovo anche oggi. È troppo imperiosa la passione del timore nell'animo di un re! Né Dionisio ha quello amore per la filosofia, sul quale par che fondino tutte le loro speranze Dione ed i suoi amici. Io lo conosco troppo: egli ama piuttosto parer filosofo ch'esserlo. Desiderò la mia amicizia per farne pompa coi pittagorici; con me faceva pompa dell'amicizia di costoro. Appena conobbe me, desiderò stringer amicizia con Archita; la strinse, ed obbliò colui che n'era stato il prosseneta. Spesso vi ragionava di filosofia; pareva che t'interrogasse, ma in veritá voleva che lo ascoltassi, e quelle poche idee che avea raccolte qua e lá, mal meditate, mal ordinate, simili alle risposte di Delfo disordinate dalla scimia, spacciava con tanta imprudenza e con tanta futilitá, che ben mostrava aver tanto di amor di filosofia, quanto hanno di calore i corpi che sol nella superficie sono stati toccati ed un poco anneriti dalli raggi del sole.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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