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      Essi possono crearci, ma non possono salvarci senza la nostra virtú.
     
     
     
      XLI
     
      DI PLATONE AD ARCHITA
     
      [In Turio, in Crotone e in Locri Archita è ritenuto il primo degl'italiani - Soltanto pochi lo accusano di eccessiva moderazione.]
     
      Timeo ti saluta. Io godrò ancora qualche tempo de' suoi dolcissimi colloqui, imperciocché né io partirò per Siracusa se prima non mi giungano alcune lettere che attendo dalla Grecia, né è improbabile che Dionisio ritorni in Caulonia prima che a me giungano le lettere che aspetto. Non è neanche improbabile che io ritorni a passar qualche altro giorno con te in Taranto.
      La tua modestia taccia per un momento. Io non posso nasconderti la gioia che ho provata udendo, ed in Turio ed in Crotone ed in Locri, ragionar di te e chiamarti concordemente il primo tra gl'italiani, l'unico che gl'iddii abbian dato com'esempio da seguirsi nella presente corruzione d'idee e di costumi, l'unico che abbian donato come salvatore nella presente miseria de' tempi.
      Alcuni pochi ti accusan di soverchia moderazione: non negano te aver fatto moltissime cose utili all'Italia; ma, siccome ti reputano atto a farne anche molte altre e maggiori, cosí non ti credono esente dalla taccia di qualche ommissione. Quelli però, che cosí parlano, sono pochi, ed io li lascio parlare. Le miserie, mentre sceman la fiducia di noi stessi, accrescon le speranze degli aiuti altrui: si pretende tanto piú dagli altri quanto meno crediamo poter far noi. Vorrai tu togliere ai miseri il sollievo che vi è nel lagnarsi, anche a torto?


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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