Pagina (370/772)

   

pagina


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

      Deh! perché gl'iddii non mi han fatto nascere in tempi ne' quali questo mio discorso sembrasse ai filosofi insensato, al popolo inutilmente ingiusto? Ma io spero, o Platone, di aver giá compita la mia carriera. Sono stanco di lottar eternamente cogli uomini per poter loro far qualche volta del bene. Qual vita è mai quella di un uomo, il quale in ogni momento, al popolo che grida: - Questo sará, - deve rispondere: - No, questo altro è migliore?(415). - Ho dato agli uomini la massima parte e la migliore della mia vita: gli ambiziosi gridano perché io faccia luogo... Ebbene lo farò; non gridate, lo farò: ecco che vi do conto di ciò che ho oprato. È giusto che una picciolissima parte della mia vita, gli ultimi momenti della medesima io li riserbi per me! Dopo tanti travagli, è giusto che mi si conceda quel riposo per cui è tanto invidiabile e glorioso il nostro Timeo!
     
     
     
      XLIII
     
      DI PLATONE AD ARCHITA
     
     
      [Non perché si trovi fra colleghi perversi, l'uomo onesto ch'è al governo, può, in momenti gravi, abbandonare il proprio posto.]
     
      Cleobolo, che ritorna in Taranto per le feste di Ercole, ti dirá a voce molte cose che riguardan te. Io stesso verrò, spero, tra venti altri giorni. Ma tu hai torto, Archita, a volerti liberare dalle pubbliche occupazioni della cittá. È pur dolce vita quella che tutta si occupa nelle proprie cose, massimamente quando alcuno l'elegge tali quali da te si sono elette; ma niun di noi è nato a se solo, e della vita nostra la massima parte si deve alla patria, ai parenti ed agli amici.


Pagina_Precedente  Pagina_Successiva  Indice  Copertina 

   

Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





Platone Timeo Taranto Ercole Archita