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      Qui il teatro non è stato piú fortunato che in Taranto. Che vuoi dir per questo? I filosofi insegnano l'arte e non dánno l'estro.
      Tu déi ricordarti ciò che dicea Socrate a Ione, quando costui volea concorrere al premio della poesia nelle feste di Atene. Quei suoi precetti, i quali a taluni sembravano astrusi e poco men che puerili, d'invocare l'ispirazione delle muse, di aspettar il dono de' versi dal cielo ed altri simili, non tendevano che a dare un precetto solo: - Aspettate l'estro da voi stessi; sentite profondamente quello che volete esprimere, se bramate che gli altri lo sentano egualmente. - Imperciocché tu sai che Socrate vestiva i suoi precetti di parole popolari, ma dava alle parole quel senso che lor dánno i saggi, e che un tempo, prima che Omero e gli altri poeti le corrompessero con immagini sensibili, lor davano tutti. Cosí quelle, che noi chiamiam muse, non sono giá compagne di Apollo, né abitano sulla cima del Parnasso; ma sono bensí facoltá della nostra mente, che è parte dell'intelligenza universale: perciò si dicon figlie di Giove, il quale è nel tempo istesso e l'intelligenza e la forza universale, ed ha prodotte colla intelligenza tutte le arti belle, che han per oggetto l'armonia, e colla potenza tutte le arti utili, che han per istrumento la forza. Son figli egualmente di Giove tutti gl'inventori delle cose utili alla vita, che la gratitudine de' posteri ha poi ascritti al numero degli iddii. Si dicono anche le muse figlie di Mnemosine, perché la prima delle nostre facoltá, quella, senza di cui non avressimo verun'altra, è la memoria.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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