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      Ecco quello solamente che l'arte può insegnare: ecco quello, per esempio, che pretese insegnar agli scultori Policlete coi suoi "canoni"; Pittagora ai musici colle sue "proporzioni armoniche".
      Nei suoni, non saprei dir per qual ragione, ma forse per essere essi le piú semplici tra le nostre sensazioni, nei suoni queste proporzioni sono piú facili a scoprirsi, e si erano giá prima di Pittagora conosciute. Ma Pittagora tentò due cose fino a quel punto trascurate. La prima fu d'investigar la ragione degli accordi, e, visto una volta che dipendeva dal rapporto della tensione, della lunghezza e della grossezza delle corde, fu facile allora ridurla in numeri. La seconda fu di sperimentare se queste stesse proporzioni avessero luogo nelle altre cose della natura; perché gran principio della sua filosofia era quello che la natura non dovesse avere che una legge sola e che le eccezioni non dovessero essere che varie applicazioni di una medesima legge.
      Non ti dirò giá quanto i pittagorici abbian progredito in questa seconda ricerca, poiché è tanto lunga la carriera che ancora rimane a correre, che qualunque progresso finora fatto può sembrar immobilitá. Né ti negherò che molti tra essi, perduti dietro chimere, non abbian dato materia di riso a coloro i quali non sanno che non si perviene alla veritá se non a traverso di mille errori. Lasciali pur ridere: i pittagorici sono uomini che la notte ha sorpresi, ma sono però sulla buona strada, e verrá tempo che perverranno almeno alla metá del loro cammino.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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