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      Attilio ci ha trattenuti tre giorni nella sua villa, la quale sta sopra un colle, donde tu vedi all'occidente le bianche cime del Matese, a mezzogiorno il Tiferno, a settentrione il Trino, e tra i letti de' due fiumi l'occhio tuo segue quella infinita catena di colli che, incominciando dal Matese, vanno, verso il levante, abbassandosi di mano in mano, finché si mettano al livello delle vaste pianure de' frentani e de' dauni, che servon come di sponda all'Adriatico.
      La sua villa ridesta in me l'idea de' giardini di Alcinoo. Io sapeva che l'agricoltura potea dare agli uomini la loro sussistenza, ma non donar tanti piaceri; destar le virtú del cuore, ma non giá fornir tante idee sublimi alla mente. Ma, dipoi che ho udito Attilio, io non conosco nulla né di piú utile, né di piú dolce, né di piú santo, né di piú vicino alla sapienza dell'agricoltura.
      O vuoi o non vuoi, io ti trascriverò un lungo discorso che egli ci ha fatto. Pare che il vecchio non lo abbia fatto senza disegno: voleva ispirar gli stessi sensi al giovine suo genero. Felice costui, se conoscerá tutt'i pregi de' detti del suocero! Il discorso è lungo, ma io l'ho trascritto intero. Che potrei io dirti di meglio per descriverti al tempo istesso e la buona agricoltura e l'ottimo agricoltore italiano?
      Noi gli avevamo chiesto perché mai erasi tolto, tanto per tempo ed ancor vigoroso di corpo e di mente, agli affari pubblici ed alla patria, perché si era ritirato nella campagna, perché... E non ti negherò che, sotto le parole di pubblico bene e di gloria, nascondevamo un poco di giovanile ambizione.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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