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      La vite cresceva incolta nei boschi, e le uve acerbe, ch'essa produceva, non davano che scarso ed acido vino. Non molto tempo prima dell'etá de' nostri padri l'aver vino era quasi un lusso: le donne non ne bevevano, prima perché le mogli, tra gli uomini ancora barbari, erano state serve e non compagne de' mariti; poscia perché il costume delle donne piú antiche erasi cangiato in legge(475). Non si libava agl'iddii immortali con altro che con latte, ed una legge severa vietava di adoprar il vino nei funerali(476). Il formento era quello stesso che oggi si vede crescer nelle nostre siepi e sugli argini delle nostre strade, pascolo delle formiche.
      Sapete voi, o giovani, quante cose è stato necessario sapere pria di giugnere a quella agricoltura che oggi abbiamo? I nostri antichi han dovuto incominciare dal conoscere l'intrinseca natura delle piante. Quell'albero, il quale par che non senta i colpi della scure, ha un senso anche esso, ed ha i suoi amori ed i connubi suoi. Vi sono tra' suoi simili de' maschi e delle femmine; si ricercano, si fecondano a vicenda; e spesso quello, che non dá verun frutto, è necessario perché un altro della stessa specie ne dia. Quanto tempo ha dovuto scorrere perché l'uomo si avvedesse che il salvatico caprifico era necessario a render fertile il dolce fico, che forma la delizia delle nostre mense?
      Né questo è tutto. La varia natura delle foglie, la varia natura delle radici indicavano che le diverse piante avean bisogno di un terreno diverso. La vite ama i colli; l'ulivo preferisce un suolo sassoso; il formento richiede una terra negra, profonda.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772