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      Lisia lo avea detto, ed i vili avean ripetuta la sentenza di Lisia, perché essi misurano tutti gli affetti altrui dai propri, e vili diventano gli effetti i piú generosi se albergano in anima vile. - Ma temiamo - disse il saggio figlio di Sofronisco - temiamo non queste nostre menzogne offendano un dio potente e che trar potrebbe di noi altissima vendetta. Chi ignora la miseria, nella quale caddero Omero e Stesicoro per aver oltraggiati gl'iddii e gli eroi? Omero non conobbe mai la mano che lo puniva: conobbela Stesicoro; conobbe il suo fallo contro la bella figlia di Leda, e si mondò, e riacquistò il dolce lume degli occhi. Mondiamoci anche noi, o giovine virtuoso; mondiamoci, e ripetiamo, siccome Stesicoro fece, il carme della purificazione: "Egli non è vero quel sermone che ora abbiamo udito di Amore; né Lisia, né chiunque presta fede ai detti di Lisia, ha conosciuto l'amore giammai". -
      Amore è iddio; Amore è il piú antico degl'iddii. Né questa nostra terra stava ancora librata sul proprio peso in quello spazio immenso, in cui la luna, il sole e gli astri segnano coi loro giri eterni le misure del tempo; né esistevano ancora quegli altri iddii minori, ai quali della terra, della luna, del sole, degli astri è commessa la cura: la materia nuotava informe nel caos; ma sopra il caos, a fianco della Mente architettrice dell'universo, sedeva l'Amore. Cosí, quando i vasti, densi, informi globi di nebbia, in giorno in cui taccia ogni aura di vento, tutta ricoprono la valle, i mortali non veggon piú la luce, ma sopra quella nebbia sta il sole, ed il suo raggio è sempre puro.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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