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      I cocchi de' demòni minori, avendo uno de' cavalli partecipe della malvagitá della materia, non giungono mai fino alla sommitá, ma si rimangono alla schiena del cielo, donde veggono quello solamente ch'è al di fuori. Ed ivi si fa un tumulto, una contesa, un sudor grande nell'affollamento delle anime, che si premono, si incalzano, si urtano, tutte desiderando pervenire al luogo superiore; e molte ròte si rompono, molte ali si tarpano; e le anime cadono giú in terra, ove la potente Adrastia le lega ad un corpo terreno, finché si rendano di nuovo degne di vedere il bello nel consorzio degl'iddii immortali.
      Allora, simile ad uomo, il quale dalla cima di altissimo monte, ove godeva il sole puro e l'aere sereno, discenda in profondissima valle, che tutta ricoprano le nubi, le nebbie, la tempesta e la notte, l'anima incomincia la sua lunga dolorosa peregrinazione; né rivede la luce se pria non risalga il monte opposto e non ritorni di nuovo all'altezza primiera. Le immagini del vero e del bello, che viste avea, si obbliano. Le tenebre la circondano, la premono. Ella non vede oltre la breve circonferenza del suo corpo... E questo, oh! di quanto poco supera l'insetto che si striscia in quello stesso suolo sul quale l'uomo superbamente cammina!
      Or chi mai, tra tante e sí dense tenebre, dará alla nostra mente la face? chi le dará il volo ardito e lo slancio impetuoso col quale l'aquila trascorre l'immensitá dello spazio? Essa ha giá riuniti in un istante solo i due estremi della linea infinita che ha scorsa; e lo spettatore, attonito, dimanda ancora a se stesso s'è vero che ne abbia scorsi tutt'i punti che son tra mezzo.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





Adrastia