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      Che ne sarebbe mai avvenuto, se quella turba di pastori e di fuggitivi, di origine, di indole, di costumi diversi, sciolto il freno del regio potere, avesse, prima di aver leggi e costumi, provate le discordie civili, dalle quali suole esser turbata quasi inevitabilmente ogni libertá? Una libertá immatura avrebbe distrutta quella cittá, che un impero moderato conservò, nudrí e quasi educò a libertá piú durevole e piú felice(513).
      Ma la mutazione, che Bruto avea fatta nello Stato, era tutta oligarchica(514). Servio Tullio giá avea preparato gli animi e le cose ad un tale avvenimento, facendo preponderare nelle assemblee il voto degli ottimati. Finché vi fu un re, questa preponderanza fu utile a moderar il regio potere: tolti i re, l'autoritá, non piú bilanciata, del senato divenne signoria, e gli ottimati rimasero principi.
      Tutto il potere era del senato, composto da ottimati. Principali ministri del senato erano i consoli negli affari civili; ne' religiosi i pontefici e gli áuguri, anche essi sempre ottimati: i plebei non aveano né religione, né augúri, né nozze, né magistrati.
      Quindi avvenne che, obbliata la memoria de' mali passati, il popolo incominciò a sentire i presenti. Mentre ancora vivevano i Tarquini, mentre la libertá di Roma era ancora incerta, mormoraron quanti in Roma vi erano dissoluti giovinastri, figli di patrizi, avvezzi a lussureggiare ed a soverchiare in compagnia de' figli del re; e dicevano il nuovo ordine esser intollerabile: il re esser uomo, e dar luogo alla giustizia ed alla grazia, allo sdegno ed al perdono, e distinguer l'amico dall'inimico; ma le leggi esser sorde, inesorabili, piú utili al povero che al ricco, né conoscer grazia o perdono.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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