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      Per aver leggi scritte i romani elessero dieci, ai quali affidarono nel tempo istesso e la cura di far le nuove leggi e quella di amministrare i pubblici affari. Gravissimo errore e funesto!
      Per aver leggi i romani incominciarono dal perdere il governo, quasi una cittá potesse stare nel tempo istesso senza governo e senza leggi! Si desideravan le nuove leggi per aver maggiore libertá e sicurezza maggiore di vita e di beni; ed intanto perdevasi tutta quella che giá si avea, dando ai dieci un potere che né il senato, né i consoli, né gli stessi re aveano avuto giammai! Si diceva che tutto ciò era "straordinario"(519); ma io credo... e che ne pensi tu? che questo potere straordinario, e quasi direi "incivile", dato per breve tempo ad uno o piú uomini a fine di averne migliori ordini, il piú delle volte è cagione di disordini peggiori. I romani furono ingannati dalle parole. Volete che il potere sia giusto? rendetelo eterno; sará temperante perché tranquillo, e tranquillo perché sicuro. Ma voi create dieci e dite loro: - Siate piú che re, - e poi soggiungete: - Ma siatelo per un anno solo; in un anno voi stessi ci darete le leggi per le quali cesserete di esser re... - O romani, ponete mente a ciò che fate. Questi uomini non vi daranno mai leggi, onde il loro potere non finisca mai; confonderanno loro stessi colle leggi, ed ogni lagnanza contro l'abuso del loro potere la chiameranno offesa della repubblica. Siccome tutta la forza della loro momentanea sovranitá sta nell'opinione, cosí la stessa opinione diventerá serva; né basterá loro il frenar le mani de' cittadini, ma ne vorranno spiare finanche le menti, registrarne le parole, i pensieri, finanche i sospiri ascrivere a delitto.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772