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      Tre quarti dunque del vostro diritto non ha potuto esser imitato da noi. Vi rimane una quarta parte, ed è quella appunto nella quale può aver luogo l'imitazione, perché può stare, senza sconcio alcuno, ed in un modo ed in un altro. Tali sono le leggi sulla patria potestá, sulle nozze, sulle ereditá, sulle tutele... Ma queste cose sono dalle vostre leggi ordinate in un modo tanto diverso dal nostro, che, se mai è vero che i vostri maggiori abbiano inviati de' legati in Atene, è forza dire che ve li abbian spediti per imparare, non ciò che volevano, ma ciò che non volevano fare(546). -
      Cosí rimase la disputa ieri sera. Questa mattina Ponzio, il quale era stato anche egli presente, mi ha detto: - Tu hai ragione, o Cleobolo. Ma non te l'ho detto io che i romani son cosí fatti? In tutte le loro cose amano la singolaritá. Essi hanno presso a poco le stesse leggi che abbiam noi, ma non vogliono crederlo. Roma sta nell'Italia, ma non deve esser cittá italiana, onde non si possa dire che un italiano sia romano.
      Odi ciò che ti dico. Io non son dotto in queste cose, ma parlo per un certo buon senso, che la natura mi ha donato, e per ciò che ho imparato dalla lunga esperienza di affari. Le leggi de' romani sono simili alle nostre, a quelle de' tarantini, de' locresi, de' lucani, di tutt'i popoli d'Italia.
      Molte di tali leggi sono antichissime e, tu hai detto il vero, sono comuni a tutt'i popoli. Ma i romani contano solo gli anni di Roma, fanno il mondo quasi fanciullo, e, ne' pochissimi anni di vita che gli dánno, san costretti a conficcarvi tante cose che poi è impossibile che ci stieno tutte insieme.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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