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      Quando, al contrario, ve ne son molti, l'ambizione privata, pervenendo al secondo, al terzo ed al quarto, rimane soddisfatta o stanca; il popolo si avvezza ad esser piú parco nel dispensare i suoi favori, ed i grandi piú diligenti in custodire i gradi, perché il soverchio innalzamento di uno tra essi abbasserebhe tutti. Il piú indolente custode della libertá è la plebe, perché è sempre quella che ha meno da perdere; ed i romani han fatto gran senno ad ordinare i loro concili in modo che tutti vi abbian voto, ma che prevalga sempre il voto di coloro che possedon terre.
      Credimi, e non sará mai superfluo il ripeterlo oggi che tanta abbondanza abbiamo di quegli uomini i quali pensano che si possa render migliore la cittá senza render migliori i cittadini: i migliori ordini pubblici sono inutili se non vengono affidati ai migliori cittadini. Quelli sono, in parole ed in fatti, ottimi tra gli ordini, i quali fan sí che la somma delle cose sia sempre in mano degli uomini ottimi. Ma dove sono gli uomini ottimi? Essi non son mai per l'ordinario né tra i massimi, corrotti sempre dalle ricchezze, né tra i minimi di una cittá, avviliti sempre dalla miseria. In Cartagine si erra, perché si misura la virtú col censo(553); in tale altra cittá, perché si calcola dal numero degli avi. Qual errore difatti stoltissimo si è quello di voler ritrovar l'uomo virtuoso, cioè l'uomo raro, tra un numero di uomini ristrettissimo? Quindi avviene che nelle cittá oligarchiche sovente esso non si ritrova; onde è che, nelle occasioni difficili, rimangon per lo piú sprovvedute e di mente e di braccia e non eguali ai bisogni ed ai pericoli.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





Cartagine