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      Ma questi due svantaggi, che noi abbiamo, nascono dagl'intrinseci difetti che sono negli ordini nostri. Imperciocché, ove gli ordini politici sono federativi, ivi rimane sempre debole la disciplina. Le leggi potran dare e danno al duce la pienezza dell'imperio, ma non danno né posson dare all'esercito l'abitudine di ubbidire. Male ubbidirá oggi chiunque non ha ubbidito ieri e sa che dimani non ubbidirá piú. E, dovunque non vi è costante e severa disciplina, ivi non può mai prevalere la forza della fanteria.
      Ed eccoci alla vera cagione de' mali nostri. Roma è piú forte di noi, perché Roma è una e noi siam molti. Roma ha consiglio ed ha imperio; noi ne' consigli abbiam la dissensione, nell'imperio debolezza, nell'esercito impeto senza disciplina. Roma sará giá in campagna colle sue legioni, e noi ancora disputeremo nelle nostre assemblee per risolvere se debbasi o no fare la guerra. Roma ci fará la guerra con tutte le sue forze; noi non potremo mai indurre que' d'Esernia ad aver guerra coi romani: que' di Capua si uniranno loro contro noi(579). Roma tutti i popoli che ha vinti ha riuniti al suo impero, né questo si è mai indotta a dividere né coi latini né cogli stessi albani: noi abbiamo sanniti di Capua, sanniti di Cuma, sanniti...; e tanti sanniti non formano un Sannio. Roma, accrescendo l'impero, accresce le sue forze; noi indeboliamo le forze a misura che cresce l'impero, perché, a misura che questo cresce, si moltiplicano le nostre discordie. Invece dunque di pensare ad aver alleanza o guerra coi romani, pensiamo a vivercene in pace, perché né alleanza né guerra conviene aver con un popolo che niuna ragione abbiam d'ingrandire, niuna speranza di distruggere.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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