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      Gli stessi mali, che soffre la patria tua, desolano anche la mia. Voi siete piú felici o, almeno, siete ancor meno dispregevoli di noi, perché, se soffrite eguali mali, avete però colpe e vizi minori. Voi non avete il nostro lusso e la mollezza nostra, non le nostre ricchezze, non il nostro commercio, non la vicinanza del mare, da cui vengono il commercio, l'oro e la mollezza. Niuna cittá tra le vostre ha condannato ancora a morte chi abbia ne' pubblici comizi proposto di rivolgere ad uso della guerra il danaro riserbato pel teatro, siccome han fatto gli ateniesi e si mostran pronti a fare questi miei tarantini. Non ancora vi siete avviliti fino al punto d'indurvi a mendicare aiuti stranieri, come giá son pronti a fare questi miei, i quali non sanno dir altro che: - Viviamo lieti e tranquilli: ci difenderanno i sanniti. E se mancano i sanniti, mancheranno altri popoli che si vorranno far ammazzare per noi? Abbiam danaro: potremo pagarli. In ogni bisogno il re dell'Epiro è potente per uomini, e non è lontano(581). - Voi ancora vi battete per la vostra patria, ancora riputate dolce e glorioso il morir per lei. Se gl'iddii t'ispirano, ardisci, uom saggio, tenta qualche altra cosa per la medesima; e poiché essa è degna ancora di vita, salvala, se puoi, dalla dissoluzione onde è minacciata. Stringi il nodo sociale, ch'è troppo debole; fa' che si eviti la lentezza inseparabile dei concili troppo numerosi di tante cittá, e tutte le popolazioni del Sannio diventino una cittá sola. Rendi i disegni piú costanti, dando fine all'instabilitá de' mediastutici; lascia la libertá, senza la quale non vi è vita, ma togli l'anarchia che ne impedisce l'esercizio; e quando avrai formato del Sannio intero una cittá sola, dágli una sola mente.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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