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      Dalle alpi le piú occidentali fino alle sponde del Ximoenta e del Xanto io non veggo che una lingua sola, divisa in tante mezzetinte insensibili, ma che ai due estremi producon quasi due lingue diverse. Voi contate quattro dialetti; quattro o cinque altri ne contiam noi; ed il piú occidentale de' vostri è quasi simile al piú orientale de' nostri. Un lucano non ha d'uopo di alcun interprete in Taranto: ben ne avrebbe bisogno un romano. Pare che la differenza de' dialetti sia stato effetto della fisica divisione della terra e cagione della divisione politica de' popoli. I nostri dialetti principali sono il lucano, il sannitico, il latino, l'etrusco: pari numero tu trovi di federazioni politiche. Riunisci questi vari popoli con un centro comune. Le picciole differenze svaniranno, e di tanti dialetti avrai una lingua sola. Non sei tu persuaso che avverrebbe lo stesso in Grecia, se, posto fine una volta alla rivalitá di Atene e di Sparta, questa non isdegnasse di adoprar l'accento e le parole attiche, e quella non arrossisse di usar modi dorici?
      Or ciò, che in Grecia potrebbe avvenire, in Italia è giá avvenuto. Una volta tutta intera l'Italia ha parlato la stessa favella, perché era riunita sotto lo stesso imperio. L'imperio si sciolse, e la lingua (com'era inevitabile) si cangiò. Ti parlo di avvenimento di dieci in dodici secoli indietro(618).
      Riteniamo gran parte di quella antica lingua ne' riti della religione e delle leggi; l'apprendiamo come necessaria al sacerdote ed al magistrato; come istrumento di vicendevole comunicazione tra i vari popoli che abitano l'Italia.


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Platone in Italia
di Vincenzo Cuoco
Laterza Bari
1928 pagine 772

   





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